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Pixel si Pixel no.        ( Giugno 2014 )

La questione è annosa e si ripete periodicamente fin dai tempi in cui gli apparecchi per la ripresa digitale sono apparsi sul mercato, ovvero a disposizione del grande pubblico e non solo è alla portata di pochi.

Di anno in anno, a volte di stagione in stagione,  i record di densità di pixel dei sensori si sono susseguiti e si è passati dal fatidico “Milione di pixel” (1 a tutti gli effetti), fino ad arrivare ai 36 milioni attuali, su formato 24x36, ovvero il famoso formato 35mm, sognato per anni dai fotografi traghettati dalla pellicola al digitale e che, piano piano, sta diventando alla portata di tutti (si fa per dire), grazie alla richiesta e all’aumento dei volumi produttivi.

Così, in nome del progresso (e dei consumi), l’industria prosegue la sua corsa inarrestabile e continua a sfornare prodotti sempre più evoluti e (si spera) sempre più performanti, tanto che pochi anni fa se ci avessero parlato delle attuali novità tecnologiche, avremmo pensato a racconti da romanzo di fantascienza.

invece siamo qui, che non facciamo in tempo a stupirci per un’incredibile scoperta, che già ne sta arrivando un’altra che fa sembrare vecchia quella appena presentata.

E ci troviamo così ad essere disorientati, senza più certezze, senza più quel sano stupore e quell’appagamento che si aveva quando si riusciva a giungere ad un acquisto tanto desiderato.

Ma torniamo ai pixel!

Tanti soldi…pardon…tanti pixel danno la felicità?

A livello di status-simbol, avere una fotocamera con più pixel di quella dell’amico o del fotografo che ci sta accanto, sicuramente ci fa stare meglio e non succede solo per la fotocamera, ma anche per l’automobile, la bici, ecc. ecc.

ma tanti pixel servono veramente?

Il pixel del sensore, dal punto di vista elettronico è un fotosensore, cioè un microcomponente fotoelettrico che riceve la luce e la converte appunto in segnale elettrico variabile.

Ogni fotosensore, per quanto miniaturizzato, deve necessariamente essere separato dal suo vicino, pena interferenza e (al momento) è sovrastato da una microlente, quasi sempre da una matrice colore, molto spesso da un filtro anti-alias e in ogni caso, dal vetrino protettivo.

Parecchi elementi quindi!

La pellicola aveva limiti qualitativi (finezza di grana) molto spinti, determinati soprattutto dalla dimensione, dalla distribuzione e dalla linearità dei cristalli di materiale fotosensibile.

I sensori hanno limiti ancora non molto chiari, determinati dalla dimensione e vicinanza dei pixel e dal rumore elettronico generato dal “sistema sensore”.

Un fotosensore non può allo stato attuale essere piccolo quanto un cristallo di un elemento chimico, ma al contrario del cristallo,  è disposto in maniera regolare sulla superficie piana.

Visti i nuovi materiali quasi fantascientifici quali il grafene o altri allo studio, può anche darsi che tra pochi anni avremo fotosensori grandi come una molecola, con una densità di centinaia di milioni pixel, ma al momento non se ne ha notizia.

Oltre ad un rischio di interferenza ottica dovuta alla vicinanza tra le microcelle, interviene a questo punto il fattore della risoluzione dell’ottica, ovvero la capacità di distinguere linee molto vicine tra loro.

Se la risoluzione dell’ottica è bassa e se i raggi arrivano male all’interno delle microcelle dei fotosensori, l’alta densità di pixel e quindi l’alta risoluzione del sensore, rischia di venire vanificata o addirittura si rischia di avere un effetto di confusione, anziché di nitidezza.

Quindi, all’aumentare dei pixel dovrebbe accompagnarsi l’uso di ottiche di qualità globale sempre migliore.

Se a tutto questo aggiungiamo anche il fatto che molti fotosensori vicini generano più calore e generano più “rumore” elettronico, dovuto al percorso degli elettroni lungo le linee conduttive, deduciamo che al crescere dei milioni di pixel, il rischio di rumore sull’immagine è maggiore, rispetto ad un sensore a risoluzione minore e con i pixel più distanti.

A questo ha ovviato la ricerca, che ha migliorato il layout del sensore, ha avvicinato i circuiti di trattamento del segnale ed ha ridotto la distanza del fotosensore dalla superficie, ma il rischio rimane…

E adesso parliamo dell’aspetto meno simpatico della vicenda…

Ogni pixel, e quindi ogni megapixel, incide a livello di occupazione di memoria logica, nel computer e prima ancora, nella scheda di memoria, specialmente se si scatta in formato RAW, o addirittura nel misto RAW+JPEG

Se una fotocamera da 15 milioni pixel genera files JPEG da 10-11 Mbyte (a bassa compressione) e file RAW da 25 Mbyte, provate ad immaginare il peso in Mbyte di un file generato da una fotocamera da 36 milioni di pixel.

Se ne deduce che il povero hard-disk del computer si riempirà a velocità da record, costringendovi ad espandere sempre più la memoria del computer stesso, oltre a obbligarvi ad acquistare vari hard-disk di back-up.

Fosse finita qui andrebbe bene, ma ci siamo dimenticati delle schede di memoria, ovvero la versione digitale della vecchia pellicola, che al contrario della pellicola, non si esaurisce, ma che, all’aumentare dei pixel, dovrà avere capacità maggiori (8-16-32 Gbyte, ecc.), ma non solo, perché per acquisire velocemente le immagini, specialmente scattate a raffica e magari in RAW, dovrà essere anche ultraveloce (e più costosa).

Risultato: una gallina dalle uova d’oro ( Noi ) da spremere a piacimento da parte dell’industria.

Tutto questo a livello tecnologico e strumentale, ma poi, perché si fanno tutti questi sforzi?

Fondamentalmente perché vorremmo immagini digitali e stampe sempre più nitide, specialmente all’aumentare dell’ingrandimento.

Già….ma quanto ingrandiamo normalmente?

Finchè vediamo le immagini intere a video, il discorso non ha molto senso, vista anche la risoluzione degli schermi.

Il discorso cambia quando stampiamo su carta, oppure se dall’immagine principale dobbiamo fare un ritaglio.

il ritaglio digitale ha sicuramente la sua importanza, quando non si riesce ad arrivare otticamente ad un certo ingrandimento, ma anche con i migliori sensori non possiamo pensare di ingrandire all’infinito e se è possiblie, è sempre meglio non ritagliare troppo.

A questo punto, l’ultimo anello della catena, quello che ci permette di apprezzare fisicamente l’immagine, è la stampa.

Ma qual è la grandezza massima delle nostre stampe?

Se rimaniamo nell’ambito familiare e fotoamatoriale, siamo abituati a vedere stampe che vanno dal 20x30cm al 30x45cm e in casi più rari, singole foto o mostre , di stampe 40x60cm o 50x75cm (il tutto nelle solite proporzioni 2:3).

Ebbene, all’atto pratico, vista l’esperienza personale  e diretta ad aver fatto stampare immagini, sia su carta colore standard, sia su plotter ink-jet, mi sento di dire che una fotocamera APS-C, (ovvero con sensore 15x24mm), dotata di 15-16 milioni di pixel è in grado di restituire stampe con un’ottima nitidezza, anche fino ai 50x75cm, ma soprattutto entro i 30x45cm, che spesso è un formato limite per molti fotoamatori.

Personalmente, anzi, ho visto in passato ottime stampe fino al 30x45cm, scattate con fotocamere da "soli" 8 milioni di pixel.

Certo, tutto questo discorso decade se noi ritagliamo molto l’immagine e poi decidiamo di stamparla.

Tornando poi alla dimensione dei file e chiudendo il cerchio del discorso, vi siete domandati come mai le migliori fotocamere professionali non hanno 36 milioni di pixel, ma ne hanno “solo” 18 milioni, addirittura su formato 24x36mm?

Semplice, perché sono più che sufficienti a garantire alta qualità di immagine, basso rumore e soprattutto perché permettono di scattare raffiche di 8-10 fotogrammi al secondo, a ciclo continuo, senza saturare il buffer di memoria!

Conclusione: serve continuare questa corsa fatta di decine di milioni di pixel?

A mio avviso no, ma per l’industria a quanto pare si, la quale decide anzi di dotare le fotocamere entry-level di 24 milioni di pixel, anziché migliorare le altre caratteristiche basilari e costringendo fotografi alle prime armi a lavorare file enormi, senza alcun beneficio reale.

Il mio consiglio personale è quindi di non pensare troppo ai pixel, ma, come sempre, di scattare prima di tutto buone immagini.

P.S.: I pixel non danno la felicità, ma se vi fanno sentire bene, abbondate pure !