Alberto
Chinaglia e la metamorfosi dei segni (Febbraio 2016) “Ciò che
vediamo non è semplicemente la scoperta
di quel che già esisteva, né la
riaffermazione di vecchie percezioni… Egli
riporta alla vita una nuova realtà….”. (Jonas Salk, Omaggio
a Louis Kahn, University of Pensylvania, Philadelphia 1974) 1.Nella personalità di
Alberto Chinaglia (Torino, 1966),
converge una duplice vocazione. Per un verso, ha una sensibilità, e una
responsabilità, che gravitano sul
presente, con operatività funzionale e progettualità
tecnica, lavorando su interazioni collettive e finalità sociali, proprie della
dinamica industriale. Per altro verso,
pratica l’arte della fotografia, come esplicitazione di un impulso interiore,
espressione di una vitalità raccolta, nutrita di specifiche conoscenze tecniche e di revivescenze visive, che gli consentono
di intervenire sulla realtà, ma da un’altra angolazione, cioè attraverso la
proiezione metamorfica delle immagini e della significazione artistica. La vocazione (
specialmente la vocazione artistica) è un imperativo interiore, che spinge le
persone a svolgere determinate attività, per diventare ciò che devono e
vogliono essere, cioè per arrivare a realizzare compiutamente il loro progetto
di vita e per far emergere la loro più autentica
personalità. Negli artisti, la
vocazione creativa è iscritta nella loro
natura più profonda: è come una sorta di “chiamata”, che li spinge a diventare
creatori e suggeritori di immagini. Molto spesso ( come
nel caso di Chinaglia),si manifesta precocemente (o anche a diverse età della vita) e fino a quel momento rimane interiorizzata e
silente, finché, per circostanze varie, talora casuali o inaspettate, le
vicende personali riescono ad attivare
quelle nascoste potenzialità, consentendole
di manifestarsi. Allora, le persone vengono coinvolte in una mutazione
psicologica, che fa affiorare e attualizzare le loro doti creative, fino a quel
momento presenti solo in potenza. Le vocazioni artistiche,
che sono costruite su valori astratti e ideali, esprimono anche un imperativo
ad essere migliori (si capisce, migliori di quello che siamo) e ci consentono
di non vivere più e solo nell’abitudine della quotidianità, intorno alle
vicende della nostra vita professionale o personale, ma, al contrario, di
esigere da noi qualcosa di più. Naturalmente, può
avvenire anche che disattendiamo a lungo
la chiamata vocazionale, per cui siamo infedeli a noi stessi e invece di diventare
ciò che avremmo dovuto essere, siamo altro, almeno per un tratto della nostra
vita, tradendo, in qualche modo, ciò che
richiedeva la profonda interiorità del nostro essere. Il profilo della
personalità di Alberto Chinaglia appartiene a
quella tipologie di persone che non
si accontentano di essere ciò che
sono, ma vogliono essere migliori (non importa quale sia il loro
lavoro o la loro professione).Partendo dalla realtà di se stesse,
cercano di aumentare il mondo intorno a loro, mediante un peculiare vocabolario
di colori, di forme e di immagini; cioè, mirano a creare, accanto al mondo
reale, un nuovo mondo virtuale, il mondo essenziale dell’irrealtà artistica. Le sue opere esprimono,
con evidenza, la sua esigenza di contrarre un obbligo etico, volto a migliorare
se stesso, dinanzi a se stesso. Questa trasformazione accade a molte persone e
in tutte le età. E quando si manifesta
la luce creativa, soprattutto quando si
raggiungono esiti felici e artisticamente maturi, questo evento
attira l’attenzione del pubblico sul nuovo profilo della nostra persona, che
fino ad allora si conosceva sotto un’altra veste. E, di norma, l’interesse, che
in un primo momento si manifesta e si diffonde in una cerchia di persone
vicine, col passare del tempo, si allarga, dal punto di vista sociale e
artistico, in parallelo allo sviluppo creativo e all’affinamento tecnico -professionale
e formale delle nuove attività artistiche. 2. Alberto Chinaglia, artista visivo, vive e lavora a Torino. Egli non è
certamente il primo, né sarà l’ultimo a sorprenderci con la sua mutazione
culturale, passando da un ambito professionale e lavorativo (che continua a
praticare) ad una sfera di attività artistico-creative, sviluppate in
parallelo. Nel suo caso, a sostegno
probante della nuova e diversa condizione di vita, la creatività artistica si
accompagna anche a processi didattici e
formativi, sotto forma di seminari e di lezioni teorico- pratiche di
fotografia. Essi gli consentono di sperimentare la sua grande padronanza
tecnico-professionale della disciplina e di rendere partecipi altre persone delle sue doti
creative e delle sue competenze. Questa mostra, Astrazioni,
Estrazioni, Riflessioni, Galleria…ARTE
PER VOI…Avigliana (Torino), 2016, si compone di 26 lavori,
che costituiscono, sul piano diacronico, una illuminante documentazione della
sua creatività fotografica, dal 2004 al 2016, focalizzata su un originale e specifico versante della sua
ispirazione. Qui, si manifesta
pienamente la sua vocazione (meglio che in altre mostre precedenti). Essa si
precisa come compiuta presa di coscienza della sua straordinaria capacità di “dipingere”
con la macchina fotografica, facendo
emergere la sua indole creativa più profonda, che va di pari passo con l’approfondimento
tecnico-professionale e l’affinamento artistico -culturale. Nel suo lavoro,
Chinaglia trae ispirazione da taluni
aspetti della realtà, colti con incontri personali e casuali, che escludono deliberate messe in scena o in posa. Le sue
immagini, pertanto, sono frutto di predilezioni
e di scelte soggettive, di veri e propri
prelievi microscopici dalla trama del reale, che esprimono un suo particolare punto di vista sulle cose. Muovendo da determinati
versanti della realtà, anche minimi o senza rilevanza euristica (un dettaglio,
una crepa nel muro, una goccia d’acqua, ecc.),
l’artista supera il riferimento
funzionale racchiuso nella documentazione fotografica originaria, traducendolo in ri - creazione “pittorica”,
espressione di una nuova spazialità
visiva e poetica. Il suo lavoro, che si basa su questo interno ed elaborato movimento creativo,
trasformato in geometria destrutturata e
visualizzata, immerge l’osservatore in un mobilità visiva potenziata anti - naturalisticamente. L’artista costruisce il suo linguaggio, basandosi su
essenziali motivi compositivi, in una sorta di fantasia astratta, in cui la
corporeità delle cose appare virtualizzata ed esplorata nelle sue più fini e
profonde risorse, per cui i segni si
presentano sotto forma di “apparizioni”,
nella loro irreale suggestione visiva. Spesso, le sue immagini
e le sue forme non sono immediatamente percepibili dall’occhio dell’osservatore.
Il quale deve scoprirle gradualmente, seguendo lo schema compositivo realizzato
dall’artista (anche mediante raffinati interventi computerizzati), per potere cogliere il
momento in cui ci appaiono nella
loro nuova e inedita significazione. Questo movimento
visuale di linee, di colori e di forme, che talora non rende i soggetti delle
opere immediatamente patenti, ci induce ad una intensa meditazione. Essa consente
di penetrare nel loro enigma visivo
e solo alla fine del percorso euristico,
nella fase in cui passano dal non essere all’essere, dall’assenza alla presenza,
riusciamo a coglierne la significazione: allora
decifriamo il peculiare
trattamento che l’artista impone alla
materia, che appare sempre più depurata, nella sua essenzialità significante. Prendendo spunto dai
circuiti della realtà, Chinaglia affronta soggetti e temi, con la
consapevolezza che essi non hanno valore estetico in sé, ma lo assumono quando
li ripresenta nella loro “unicità”,
isolate dal contesto iniziale e lasciate fruire come pure immagini. La sua originale operazione
consiste, dunque, nel togliere i dati
reali, su cui appunta la sua attenzione, dalla mera abitudine visiva, che li
neutralizza e li banalizza ( cosa vi è di più consueto della crepa di un muro, per esempio,
o di un pezzo di manifesto strappato?) per farli entrare nell’orbita alta della significazione
estetica. Il referente fotografico
reale diventa, insomma, la percezione iniziale, lo stimolo e il punto di
partenza funzionale, che l’artista indaga in tutte le sue articolazioni e
suggestioni : egli esplora il reale nelle
sue inesauribili potenzialità,
riuscendo a cogliere, tra tante possibilità, ciò che è necessario alla sua ispirazione, da cui muove per la realizzazione del soggetto artistico. Con questo raffinato
trattamento, la riproducibilità seriale delle foto viene trasferita e condensata nell’unicità di un’opera, in cui ascende
a una vita essenziale, nella sua verità
estetica e nella sua irrealtà visiva. La riproduzione, peraltro, è
contenuta entro i convenzionali limiti
numerici di cinque, per cui ognuna
di esse va considerata come un’opera originale (come accade anche per le sculture
in bronzo, per esempio, in cui fino a nove
riproduzioni si considerano opere uniche). 3.Le immagini e le
forme di Chinaglia, pertanto, sono frutto di una speciale concettualizzazione
emotiva della realtà, che gli consente
di coglierne la verità più profonda,
mediante una originale elaborazione formale e una suggestiva
maestria creativa. Il suo peculiare
progetto artistico, costruito di equilibri-squilibri di colore e di volumi,
formali e semantici, si basa su questi
processi, che si precisano come semiosi
significante. Nella esecuzione
operativa, si passa da un sistema di
segni a un altro, dalla dimensione propriamente riproduttiva del reale a quella
significativa della “produzione pittorica”, coinvolgendo l’osservatore come homo videns in una avventura
della percezione e della visione, che si traduce in attività interpretativa: guardando
queste foto, insomma, l’osservatore interpreta l’interpretazione della realtà,
nella sua trasfigurazione semiotica e
nella sua metamorfosi estetica. Infine, vedo emergere
nel lavoro artistico di Chinaglia una visione etica, come frutto prezioso della
sua speciale indagine sul mondo, che innerva con la dinamica dell’intuizione
analitica e dell’esperienza emotiva, collocandosi all’incrocio tra la vita e la
società, tra la realtà e la sua significazione. Ciò significa che egli cerca di collocare i soggetti delle sue foto
-brani di realtà, riflessi percettivi -, che la vita gli pone davanti, nel suo
perenne movimento, in una posizione tale da essere diversamente illuminati,
facendogli acquisire nuovi e
inediti riverberi. L’artista appare
convinto che in ogni cosa, anche la più umile, si possa trovare l’indicazione
di una possibile pienezza di senso e di una più intensa fruizione. Egli mira a salvare le
cose in quanto cose e la sua ricerca artistica è un tentativo di salvezza, in
senso laico, dai forti contenuti umanistici, in quanto partendo da un fatto o
da un oggetto cerca di condurlo, per via
artistica, alla pienezza della sua significazione, con una visione trascendente del reale, che
integra, supera e dilata la nostra coscienza percettiva. Otello
Lottini Università degli Studi Roma Tre Direttore
della “Collezione d’Arte Contemporanea” dell’Ateneo |